Smettetela di commiserarvi e datevi da fare: altri consigli ai giovani precari
Nell’esiguo spazio che di solito è dedicato alla posta, una lettera pubblicata sul settimanale “Internazionale” ha offerto un punto di vista originale: Fabio Zanaglia, 42 anni, lavora come meccanico da quando ne aveva 14 perché i suoi genitori non disponevano dei mezzi, economici e culturali, per farlo studiare. Ha completato le scuole superiori a fatica la sera, dopo otto ore di officina. A tutti i giovani neo laureati che lamentano l’assenza di opportunità ha ricordato che loro almeno hanno avuto quella di studiare, e ora possono cercarne un’altra all’estero. Ha concluso in modo lapidario: “Smettetela di commiserarvi e datevi da fare. C’è n’è bisogno”.
Forse nei dibattiti sulle migliaia di neolaureati in cerca di un impiego e di una prospettiva manca l’altra faccia della medaglia: lo studio universitario è dato per scontato. In realtà presuppone un sostegno famigliare in senso lato. Quanti però valorizzano davvero questo privilegio? Durante gli anni dell’università si ritiene sufficiente completare gli esami. Chi lo fa nei termini richiesti dal piano di studi già sente di fare al meglio il proprio dovere. Pochi invece, sfruttando il tempo a disposizione, approfondiscono, leggono, coltivano formazioni parallele che nel curriculum e nei colloqui con le aziende darebbero un notevole vantaggio. In primis lo studio delle lingue straniere (ad esempio attraverso il progetto Erasmus). L’inglese è ormai scontato, e tra l’altro ad un livello ottimo. La differenza è fatta da una seconda o terza lingua: molte aziende della nostra provincia sono internazionali e alla costante ricerca di collaboratori poliglotti. Da sfatare il mito che “con l’inglese si va dappertutto”. L’inglese si parla principalmente in Inghilterra e America. In Germania (primo mercato dell’export italiano) si parla tedesco, in Francia il francese. E così via. A Brescia un ingegnere che parla bene tedesco e inglese può permettersi il lusso di scegliere l’azienda dove lavorare. Oppure ci sono numerosi corsi per migliorare le conoscenze informatiche. Anche il computer ha falsi miti: le nuove generazioni confondono l’uso professionale del computer, le potenzialità di Excel e PowerPoint, o meglio ancora del web marketing e del commercio elettronico, con lo “smanettare” videogiochi e chattare nei social network. Lo stage in azienda non dovrebbe rimanere un’esperienza obbligatoria e isolata. Se possibile andrebbe ripetuto regolarmente, sfruttando gli amici imprenditori, adattandosi a qualsiasi lavoro. Oggi è come 30 anni fa: il percorso di qualsiasi carriera professionale è lungo e difficile, e lo studio e l’impegno sono continui.