Severino: dalla libertà al paradiso della tecnica

Nicola Rocchi, Giornale di Brescia - 11 settembre 2018

L’intervista al filosofo che apre il ciclo «Rinascimento culturale» 

«Quello che stiamo vivendo è un tempo tragico perché oltrepassa la grande tradizione occidentale» 

Sarà Emanuele Severino ad aprire la serie autunnale di incontri di «Rinascimento culturale», il festival itinerante, a cura di Alberto Albertini, che semina spunti di riflessione in città e in molti paesi della provincia. Il filosofo bresciano parlerà domani, mercoledì, alle 20.45 nell’Auditorium San Fedele di Palazzolo. Il suo intervento è intitolato «Sulla libertà»: in questa intervista accenna, in forma necessariamente sintetica, ad alcuni passaggi. Prof. Severino, libertà per gli esseri umani è anzitutto liberazione dal dolore e dalla morte? Questo è uno dei punti centrali. Quando si parla di liberazione è implicito il concetto di vincolo e di ostacolo, ed essi sono rappresentati innanzitutto dal dolore e dalla morte. Qual è il primo passo di questa liberazione? Detto sommariamente, c’è prima la liberazione da ciò che può essere chiamato «natura», ciò che quando l’umano emerge dall’animale gli impedisce di costituirsi come tale. Qui si produce un evento terrificante, che un po’ si rispecchia nella teoria freudiana del parricidio archetipico, ma che ha un senso più profondo perché dal parricidio sembra proprio che si debba risalire al deicidio. Poi, il modo in cui l’uomo intende il vincolo fratturato e che lo fa sentire in qualche modo colpevole, fa sì che egli debba anche liberarsi dall’altrui libertà. Cercherò di far capire come la libertà debba liberarsi anche da se stessa in quanto libertà altrui. Un episodio centrale, nel percorso che lei delinea, è il passaggio dal mito alla filosofia? Si, ma la liberazione dal mito che dà luogo all’avvento del sapere razionale, filosofico-scientifico, alla tradizione occidentale, è essa stessa tragicamente oltrepassata. La liberazione definitiva è attesa con l’avvento del «paradiso della tecnica»? Innanzitutto esso è l’effetto della liberazione dalla tradizione occidentale. Questa liberazione si completa nella convergenza tra l’essenza profonda del pensiero filosofico degli ultimi due secoli e la tecnica, la quale è autorizzata a liberarsi da ogni limite proprio dalla sapienza implicita di tale pensiero; e sottolineo «implicita», perché c’è là dove la si sa trovare. Nemmeno nei «magna nomina», come Heidegger o Wittgenstein, c’è la forza di oltrepassare la tradizione. Ma là dove c’è questa forza, e penso più a Gentile o a Nietzsche, c’è l’autorizzazione alla tecnica di liberarsi senza angoscia o senso di colpa, e di fare tutto ciò che può. Quello che stiamo vivendo è un tempo tragico perché oltrepassa la grande tradizione occidentale. Dopo di che ci sarebbe il discorso ultimo, che mette in discussione tutta questa vicenda. A quale discorso si riferisce? Ci sarebbe da mettere in questione il concetto stesso di libertà. Penso che potrò solo accennare a questo aspetto: c’è una storia della libertà, e c’è un «ma» finale che mette in questione il senso ultimo, profondo della libertà stessa. Lei ha riflettuto, anche in un recente articolo, sul conflitto tra necessità e libertà… Sul problema del grande urto tra libero arbitrio e fato deterministico. È uno dei modi in cui si può accennare alla messa in questione del concetto di libertà, oggi un tabù intoccabile. Si può dimostrare che né la libertà come libero arbitrio, né l’opposto della libertà sono qualche cosa di osservabile e sperimentabile. È un modo per evidenziare il fatto che parlando di libertà non si affronta un concetto assolutamente fuori questione: essendo un concetto che regge la storia della nostra civiltà, deve render conto di questa sua prestazione. Sembra, d’altra parte, che le comunità umane non siano sempre così desiderose di libertà… Il dato storico prevalente è quello delle tirannie ancora esistenti in molte nazioni. Ma se lei allude alla reazione delle società ricche rispetto ai mutamenti di grande portata, come le migrazioni o il cambiamento climatico, è vero che sta montando, rispetto al bisogno di libertà, il bisogno di sicurezza. Questo, però, è un capitolo del grande tema dell’avvento della tecnica: in quanto ha come scopo l’aumento della potenza, essa non può accrescerla senza che ci sia un aumento della sicurezza. Nove appuntamenti in città e Franciacorta Il festival «Rinascimento L^ J culturale», che si apre domani sera a Palazzolo con l’intervento del filosofo Emanuele Severino, prosegue con altri otto appuntamenti fra Brescia e la Franciacorta. I protagonisti saranno Laura Abba e Stefano Trumpy (venerdì 14 a Capriolo in un’anteprima della Rassegna della Microeditoria); Alberto Mantovani (il 18 a Brescia), Telmo Pievani (sempre il 18 Capriolo); Maria Bettetini (il 19 a Erbusco), Andrea Gamberini (il 20 a Erbusco) e Alessandro Barbero (il 21 a Palazzolo e il 22 e 23 a Erbusco). Il programma completo su www.rinascimentoculturale.it. 

Giornale-di-Brescia-11-09-2018.pdf


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