«QUANDO UN LIBRO COSTAVA UNO STIPENDIO E L’ITALIA INSEGNAVA LA LIRICA AL MONDO

Nicola Rocchi, Giornale di Brescia 17 settembre 2019

 Il grande studioso inglese Donald Sassoon anticipa i temi del suo intervento a Rinascimento culturale

L’appuntamento è fissato per sabato 21 settembre, nel Teatro comunale di Erbusco

Lo storico inglese Donald Sassoon è uno degli ospiti più attesi al festival Rinascimento Culturale. La rassegna, diretta da Alberto Albertini, fino al 29 ottobre proporrà diversi percorsi tematici nei comuni della Franciacorta, attraverso incontri con alcuni protagonisti della cultura (ingresso libero, il programma completo sul sito rinascimentoculturale.it). Sabato prossimo, 21 settembre, alle 20.45 nel Teatro comunale di Erbusco, Sassoon – che parla perfettamente l’italiano – terrà una lezione su «La nascita della cultura di massa e la sua globalizzazione». È un tema che conosce a fondo: professore emerito di Storia europea comparata alla Queen Mary University di Londra, annoverato trai maggiori storici contemporanei, Sassoon ha pubblicato alcuni anni fa un monumentale volume su «La cultura degli europei dal 1800 ad oggi». Nell’intervista che ci ha concesso si accenna anche al suo ultimo libro: «Sintomi morbosi. Nella nostra storia di ieri i segnali della crisi di oggi» (Garzanti, 324 pp., 19 euro). Una radiografia dei problemi attuali della civiltà occidentale, scandita con l’obiettivo provocatorio di «non offrire alcuna soluzione, ma un po’ di disperazione».

Prof. Sassoon, quando si può cominciare a parlare di “cultura di massa”?

Negli ultimi decenni dell’800. Durante quel secolo si crea un mercato di massa soprattutto per i libri, sia per l’accresciuta alfabetizzazione, sia perché migliora il tenore di vita, e anche perché diventa meno costoso produrre un libro. Un romanzo di Walter Scott, il bestseller di inizio ‘800 in Europa, costava 1 sterlina e mezzo. Per guadagnarla, un falegname doveva lavorare per sei settimane.

Quali innovazioni tecniche influenzarono i mercati culturali?

Tre grandi innovazioni: il grammofono con la possibilità di registrare il suono, il cinema che diventa subito molto popolare, la radio che rende possibile la comunicazione a distanza. Sono le condizioni per la creazione di una cultura di massa. Nello star system di allora, l’onera lirica italiana aveva un ruolo di primo piano…

Nell’800 c’è una curiosa “divisione del lavoro “. Gli italiani sono i primi nel campo della lirica, al punto che quando Wagner arriva in Inghilterra traducono le sue opere in italiano. La musica sinfonica è quasi sempre tedesca. I romanzi che piacciono all’estero sono prevalentemente inglesi e francesi, poi russi. Gli americani sono quasi assenti, ma nel ‘900 domineranno nel cinema e nella musica popolare.

Lei ha ricordato che la cultura americana nasce già transnazionale. È un fattore importante di globalizzazione?

Gli americani avevano due vantaggi: l’ampiezza e ricchezza del mercato, e l’essere un Paese senza una cultura nazionale. Lamaggioranza degli abitanti era di origine inglese e irlandese, ma c’erano anche ebrei dell’Europa orientale, italiani, polacchi, russi, svedesi… Per vincere la battaglia culturale occorreva fare un prodotto che piacesse a tutti questi popoli. In questo modo, i prodotti che risultavano vincenti erano già globali.

La crisi dell’Europa, di cui lei scrive, è anche culturale?

Non direi. Io penso alla Brexit e alle difficoltà che l’europeismo ha in questo momento, non solo in Gran Bretagna ma in quasi tutti i Paesi, dove l’euroscetticismo è in crescita da circa 20 anni. Più in generale, la crisi nasce dal fatto che il vecchio mondo – dominante soprattutto in Europa dal 1945 in poi – è morto, ma non si scorge quello nuovo. La socialdemocrazia e i partiti conservatori sono in crisi. Sono nati nuovi partiti, molti di destra e sovranisti, ma anche di sinistra come Podemos o Syriza, o formazioni non classificabili come En Marche in Francia e i Cinquestelle in Italia. C’è inoltre un forte aumento della xenofobia, fenomeno certo non nuovo, ma oggi pre- occupante. Cosa potrebbe alimentare la speranza nel futuro? Ci sono sempre stati movimenti, persone, gruppi sociali che non hanno perso la speranza e hanno voluto battersi perché le cose cambiassero in meglio. Mi auguro che ci sia chi non si arrende e continua a combattere.

 


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