Quel piccolo libraio di Archangelsk che ci assomiglia
Uscito per la prima volta nel 1956, pubblicato solo oggi nella traduzione italiana di Massimo Romano, “Il piccolo libraio di Archangelsk”, che Simenon sognava fosse interpretato in un film da Charles Aznavour, è nel titolo originale un “petit homme”, che però non riusciamo mai a vedere come tale, perché in fondo quell’uomo siamo noi, con i nostri amori assurdi, devoti fino all’autolesionismo, schiavi di un demone interiore, forse semplicemente genetico, e insieme attratti dalla morbosa sicurezza di una tana, di un abbraccio collettivo dove sentirci riconosciuti e trovare un senso.
Il libraio di Vieux-Marché, nato a Archangelsk in Russia, è un esule russo, ebreo naturalizzato francese, figlio di un grande armatore di pescherecci rovinato dalla rivoluzione leninista. Collezionista di francobolli, nell’intera raccolta russa idealizza una patria, le sorelle e i genitori dei quali oggi ignora il destino, mentre riceve da tutto il mondo raccolte senza valore, e con la lente le esplora alla ricerca di eventuali errori di stampa, accumulando così esemplari rarissimi.
Si è innamorato della sua cameriera, una giovane ragazza esuberante, facile e infedele, per sposarla si è convertito al cattolicesimo con un matrimonio combinato dalla suocera che cercava di sistemare una figlia dalla pessima reputazione: la sua semplice e ordinaria biografia di “piccolo” uomo del primo Novecento è già da sola un romanzo, in parte storico, certamente amaro e triste; basterebbe in fondo quella – grazie al genio di Georges Simenon – per trasformarlo addirittura nel simbolo di un’epoca.
Su questo sfondo la sparizione della moglie Gina sembra quasi secondaria, eppure diventa il punto di vista privilegiato per leggere la parte più profonda della vita del protagonista, una cassaforte che l’improvvisa fuga fa saltare, rompendo un apparente equilibrio, addirittura minando la sua identità: il signor Jonas, Jonas Milk, il signor Milk, non a caso viene chiamato in modo diverso man mano che aumenta il sospetto della sua responsabilità.
Ma una volta violato il suo spazio sacro non esiste rimedio, l’immagine di sé stesso che legge negli altri è impossibile da sopportare: si sente come un detenuto che dopo una lunga prigionia riacquista la libertà e non sa che farne, come uno che sogna di trovarsi nudo in mezzo agli altri, come qualcuno che s’imbarazza per il rumore dei suoi passi sul selciato, quasi fossero quelli di un intruso. Fino a non riconoscersi più, a legittimare un gesto estremo e degradante che invece, paradossalmente, gli restituisce onore e dignità.
Georges Simenon
Il piccolo libraio di Archangelsk
Adelphi, pagg. 172, Euro 16,00