Promemoria (tardivo ma sempre utile) su BTP e CCT: le condizioni non sono fisse
Un amico bresciano, commercialista, esperto di analisi di bilancio, mi racconta che ha tenuto un corso sul bilancio e la relativa riclassificazione al personale di una importante banca. Ha scoperto che uno degli indici che più utilizzano per la valutazione del merito creditizio di un’azienda è il ROE: cioè il Return On Equity, l’utile sui mezzi propri, la redditività del capitale proprio.
Ma questo indice include anche la gestione non caratteristica e le componenti straordinarie.
In soldoni: se l’azienda ha un ROE positivo ma genera utili grazie, ad esempio, agli affitti di immobili non necessari o non pertinenti all’attività principale; oppure li genera perché in quell’anno ha avuto una plus valenza straordinaria (e dunque destinata a rimanere tale), è un’azienda alla quale concedere credito con molta attenzione.
Un finanziatore ha obiettivi diversi dall’azionista, e dal ROE ricava un’informazione parziale sulla capacità di onorare le obbligazioni.
Un altro amico, consulente finanziario, mi fa notare che ci sarebbero accantonamenti solo per lo 0,4% dei fondi a garanzia dei 100.000 euro dei conti correnti, nonché mi segnala che, a seguito di una direttiva europea, dal 1° gennaio 2013, il 45% dei titoli di Stato con scadenza superiore ad un anno saranno soggetti alle “Clausole di Azione Collettiva”. Le stesse clausole che poco tempo fa hanno permesso alla Grecia di modificare unilateralmente le condizioni contrattuali dei bond statali.
Nuovamente in soldoni: lo Stato potrà decidere se e come cambiare le condizioni di un BTP o di un CCT, anche di non pagarlo a scadenza, oppure rinegoziare gli interessi concessi al creditore.
Un altro recente accordo europeo, aggiunge l’amico, avrebbe dovuto portare le persone nelle piazze: se una banca è in crisi o va liquidata, prima di attingere ai fondi pubblici per pagare i suoi debiti preleva da azionisti e obbligazionisti, nonché dai correntisti!
Lo scorso giugno il ministro delle Finanze olandese e presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, ha commentato: “è un cambiamento importante perché passeremo dal denaro pubblico, quello dei contribuenti, al denaro del settore finanziario”. Peccato che il “settore finanziario” includa anche i contribuenti quando sono correntisti.
Se le banche ci prestano i soldi vogliono sapere tutto di noi. Ma se li depositiamo, cioè in fondo li prestiamo noi a loro, chiediamo e verifichiamo con pari zelo i loro bilanci e le loro competenze?
Pubblicato sul Giornale di Brescia del 29 ottobre, pag. 31, Rubrica “Lettera dall’industria”