L’ultimo pastore di Marco Bonfanti: un capolavoro educativo e magico
Ho visto in dvd “L’ultimo pastore” di Marco Bonfanti, e mi ora pento di averlo perso quando l’hanno proiettato ad inizio ottobre al Nuovo Eden di Brescia, l’unico cinema bresciano dove sopravvive il cinema indipendente e d’autore.
Tutti i film sono da vedere sul grande schermo, questo a maggior ragione: per i paesaggi delle valli bergamasche con un pastore, l’ultimo pastore nomade in Lombardia, Renato Zucchelli, che abbraccia le montagne, il suo gregge e i campi davanti a sé, come il viandante di Caspar David Friedrich, dicendo “questo è il mio mondo”. Un mondo che sta scomparendo come si rammarica lui stesso camminando tra i grattacieli di Milano, nei parcheggi dove un tempo c’erano i campi d’erba, perché in città non conoscono gli animali, il profumo degli alpeggi, i ritmi della natura, la lentezza del vivere e la saggezza della terra. Soprattutto non lo sanno i bambini, gli unici che Zucchetti giudica innocenti e veri, e che lui, un gigante buono come nelle favole di Oscar Wilde, vorrebbe incontrare, innanzitutto per chiedergli: “vuoi diventare mio amico?”. E subito dopo per realizzare il suo sogno: mostrargli dal vivo un gregge di pecore.
Come succede alla fine davvero, con settecento pecore in piazza del Duomo a Milano, in un’immagine commovente e sorprendente come quelle che solo l’arte può darci.
Un documentario che sembra una favola, al tempo stesso educativo e fantastico, a tratti recitato in dialetto bergamasco (dunque per molti bresciani comprensibile senza bisogno dei sottotitoli), di questo film Ermanno Olmi ha giustamente detto: “Un film bellissimo, indimenticabile”.
Andrebbe proiettato nelle scuole, prescritto a chi prepara i PGT, ai sindaci e ai politici.
Con il dvd in allegato un cd musicale che, oltre alla colonna sonora originale e altrettanto magistrale di Danilo Caposeno, regala una registrazione in dialetto Gaì degli anni 50: la lingua propria dei pastori lombardi, una sorta di codice cifrato, parlata in Val Camonica e Val Seriana, e di cui il protagonista del film Zucchetti è uno degli ultimi depositari ancora viventi.