L’italiano e il senso estetico
Si ripete spesso che gli italiani hanno più gusto e senso estetico di altri popoli perché ereditano secoli di arte, perché sono circondati da monumenti e tesori storici. Al di là della loro formazione, ricevono in dote, comunque e fin dalla nascita, una parte di bellezza. Eppure l’italiano tipo non sembra un discendente dei grandi artisti del passato: tatuato, veste in modo vistoso e appariscente, accosta i colori in modo arbitrario, mette in mostra gli accessori, gli piace esibire, raramente è sobrio e misurato. L’architettura è un accostare gli stili senza principi guida: una palazzina degli anni Settanta accanto ad una chiesa rinascimentale, una zona industriale in un paesaggio modellato dai millenni, senza regole, senza rispetto. Semplicemente si aggiunge.
Potrebbe essere il lato oscuro dell’amore per le cose belle, così come l’istinto a riprodursi comprende anche le peggiori perversioni sessuali. La proporzione e la misura, la regola aurea e la simmetria possono infatti scadere nell’eccesso, nell’accumulo, nel barocco. Nei geni non esistono istruzioni iper selettive ma un’evoluzione che ingloba il passato, oppure lo lascia silente, in potenza, perché potrebbe sempre tornare utile. Anche l’apprendimento del linguaggio avviene nello stesso modo: potenzialmente un infante è in grado di imparare qualsiasi lingua. Una volta consolidata la lingua del luogo dove nasce, il bambino fa seccare i rami delle grammatiche che non gli servono più. Resta da comprendere perché l’italiano abbia preferito assecondare un determinato gusto piuttosto che un altro. La risposta forse viene dalle contaminazioni, delle tante influenze e dominazioni nel nostro paese che hanno finito per accumularsi e spesso coesistere: nei secoli un incrocio di popoli, costumi, tradizioni che ancora sopravvivono, in modo vestigiale e a livello locale, nelle migliaia di riti, ricette, feste, usanze e tradizioni. Siamo abituati ad aggiungere piuttosto che a scegliere.