La vita accanto di Mariapia Veladiano
Avevamo da poco riposto un grande libro: l’esordio di Donatella di Pietrantonio, Mia madre è un fiume, e ancora una volta, in un altro esordio, dobbiamo riconoscere nella scrittura femminile una vetta della narrativa italiana contemporanea. Oggi le donne sono riuscite ad allineare la scrittura con la loro superiorità antropologica, con il loro fardello aggiunto di compiti ed impegni, con i loro sensi aggiunti, come l’ecolocazione dei delfini o l’olfatto dei cani molecolari. E dunque scrivono libri tanto essenziali (anche questo “solo” 162 pagine), quanto intensi, capaci di osservare e mostrare l’arido vero: ci basta perché non ha senso dare giudizi o indicazioni. A maggior ragione se riguarda le relazioni affettive, sempre più complesse della nostra capacità di viverle.
Leggendo La vita accanto di Mariapia Veladiano comprendiamo perché una casa editrice come Einaudi abbia “azzardato” un’opera prima al Premio Strega dove spesso si preferisce un nome già consolidato. Un romanzo commovente, dove si aderisce nonostante la storia possa sembrare eccezionalmente triste ed anomala. Innanzitutto perché nella bruttezza straordinaria della protagonista Rebecca c’è parte dell’inadeguatezza di qualsiasi bambino e adolescente; nonché quella di tutti noi che viviamo in un mondo dove la bellezza è un imperativo morale: una kalokagathia, il bello è anche buono, pericolosa e fuorviante origine di depressioni, anoressie, crisi di panico e tante nuove malattie. E poi perché ogni famiglia infelice è infelice come tante altre, a dispetto del più bel incipit della letteratura… Parafrasando Pasternak noi dobbiamo vivere, non prepararci a vivere. Ma Rebecca, così come il padre che pur è bellissimo e non dovrebbe avere alcun senso d’inferiorità, confesserà alla fine di non saper affrontare il mondo. “Vorrebbe ma non può”. Anche a scuola non incoraggia un avvicinamento nemmeno a quei pochi che talvolta le lasciano intuire uno spiraglio. “Non per scelta. Per incapacità.” La salvano la compagna di banco Lucilla, ingenua nel senso latino di libera e genuina, e alcune figure materne, la maestra Albertina, la tata Maddalena, l’ex concertista famosa, perché la madre è chiusa in una depressione post parto che nessuno affronta e consola fino all’epilogo più tragico. Eppure Mariapia Veladiano riesce a regalare l’happy ending che Darwin avrebbe voluto obbligatoria in tutti i romanzi: un messaggio leopardiano di resistenza, di vita che continua, di sguardo ironico in sottofondo. Ad esempio nelle parole scandite di Lucilla quando invita l’amica di sempre a non dire scemenze, quelle che spesso condizionano assurdamente le nostre vite.
La vita accanto
Mariapia Veladiano
Einaudi Stile libero
Pagg. 162, Euro 16,00