La poesia del futuro
Mentre vedo la poesia (e la letteratura) che resiste a fatica nelle università, nei convegni di pochi spettatori, nei libri di poche copie, grazie al passaparola di chi ormai è talmente esiguo da comporre una sorta di setta, mi viene una provocazione: e se tra non molti secoli la poesia non sortisse più alcun effetto? Di questo passo pochissimi saranno un giorno sensibili al linguaggio, al verso: alcuni conserveranno un residuo, un elemento vestigiale, come il coccige o la plica semilunare nell’occhio. Pochi altri avranno un talento innato, una capacità di ascoltare e riconoscere la poesia, come l’orecchio assoluto in musica. Ma saranno appunto irrilevanti, marginali e più nessuno stamperà, studierà, leggerà, scriverà poesia.