I ritratti di Felix Nadar

La giovane casa editrice Abscondita ha pubblicato un libricino raffinato, essenziale e intenso, da scovare nelle librerie d’arte e nei bookshop dei musei, soprattutto per valorizzare i talenti trasversali dei grandi maestri, simili agli “uomini universali” del Rinascimento, e che paradossalmente attendono ancora le legittime consacrazioni.
Ad esempio le poesie di Michelangelo andrebbero iscritte nella più grande tradizione letteraria e poetica italiana, anziché essere considerate le “nugae” occasionali del pittore e scultore massimo.

Così come i ritratti di Gaspard-Félix Tournachon, noto come Félix Nadar, sono proprio tali, veri e propri quadri, fosse solo per la forza espressiva e la tensione che quella straordinaria novità storica caricò nei volti ammaliati e nell’occhio di chi cercava di sottrarli all’oblio, una tecnologia che divideva le opinioni tra chi la credeva destinata a sostituire l’iconologia classica e trasformare le antiche arti in un infantile tentativo di imitazione, e chi la disprezzava definendola un’industria degna della folla idolatra, perché illudeva che un risultato identico alla natura potesse diventare arte assoluta.

Il libro numero 58 della serie “Miniature” di Abscondita pubblica innanzitutto un breve testo-testamento-manuale, e poi alcuni dei ritratti più famosi del giornalista, caricaturista e scrittore francese, un personaggio eclettico che si dedicò alla fotografia già dal 1853 e, oltre a ritrarre quasi tutte le personalità e la boheme parigina soprattutto nel periodo che va dal 1854 al 1870, fu una sorta di pioniere.Ad esempio una delle sue più strabilianti imprese fu quella, nel 1858, di fotografare per primo da un aerostato. Costruì infatti un enorme pallone ad aria calda battezzato “Le Géant” (Il gigante), ispirando così l’amico Jules Verne a scrivere il romanzo “Cinq semaines en ballon” (Cinque settimane in pallone) e a ideare Michel Ardan, protagonista del romanzo fantascientifico “Dalla Terra alla Luna”. Il fallimento di Le Géant lo convinse che il futuro dell’aeronautica sarebbe appartenuto ai mezzi più pesanti dell’aria, istituendo un’associazione per la loro promozione dove rivestiva la carica di presidente mentre Verne era il segretario.

Nadar fu tra i primi ad utilizzare la luce artificiale per le fotografie e il primo a scattare sotto terra, nelle catacombe di Parigi.

Fu nello studio di Nadar che i pittori impressionisti tennero la loro prima esposizione nel 1874. Forse non a caso la nascita della fotografia segnò una svolta nell’arte che si trasformò per privilegiare la soggettività, esaltare l’incompletezza e l’interpretazione, una pittura che da allora cercò di cogliere anche lo scorrere del tempo piuttosto che congelare l’attimo in un’istantanea, e che contemporaneamente esplorava altre tecniche – prima nemmeno immaginabili – mentre era diventato ormai inutile competere con il realismo della fotografia.

Gli artisti smisero di ritrarsi in personaggi minori ma emblematici, in comparse solo apparentemente marginali dei loro quadri; gli autoritratti si caricarono di un nuovo significato, divennero momenti chiave dell’evoluzione artistica dove i pittori guardavano oltre, dentro di loro; oppure si scomponevano, si trasfiguravano, sperimentavano metamorfosi che spiegassero molto più che lo scatto di una fotografia.

Il breve scritto introduttivo è tratto da “Quando ero fotografo”, pubblicato integralmente sempre da Abscondita nel 2004: un libro datato 1900, anno emblematico, un concentrato di istruzioni per la vita, di riflessioni filosofiche e psicologiche che mettono in luce “l’egoismo feroce”, la civetteria e la vanità dei clienti, la “fatuità” degli uomini, soprattutto dei maschi, ancora di più se religiosi, la loro ritrosia verso un’immagine che ogni volta non sembra riprodurre fedelmente il loro fascino e la loro bellezza, fino al culmine di riconoscersi nella foto di un altro piuttosto che nella propria. Ma anche la maniaca attenzione alle sfumature, ai dettagli, fosse solo un capello fuori posto che non fa chiudere occhio per l’intera notte a un uomo che accorre all’alba supplicando un ritocco. Mentre c’è anche chi crede che basti pagare, e poi fuggire subito, per ricevere il giorno successivo una foto, quasi che la fotografia sia l’intrappolamento di un istante, pratica invisibile e magica che si compie a insaputa del destinatario.

Nadar suggerisce addirittura le regole per un’onesta attività: “Non producete nulla che non possa sfidare la critica di un avversario. Preferire l’onore al profitto è il mezzo più sicuro per ottenere il profitto con onore”, e al riguardo cita un episodio curioso con un cliente inglese, insiste sull’etica del professionista, perché con quel potente strumento tra le mani lui si sentiva sinceramente chiamato ad una missione. Nel suo caso, infatti, non vale la spregiativa definizione di Charles Baudelaire che considera la fotografia “il rifugio di tutti i pittori mancati mal dotati o troppo pigri per completare i loro studi”.

Tra l’altro di Nadar si ricordano soprattutto i ritratti di Baudelaire, eseguiti tra il 1855 ed il 1858 nel corso di almeno tre sedute di posa. La prima seduta di posa con ogni probabilità rappresenta anche il più enigmatico dei ritratti conosciuti del poeta, raffigurato mentre è in preda ad un sogno ad occhi aperti, lo sguardo perso, come se fosse altrove.

Nadar e Baudelaire, che si conoscevano già da una quindicina di anni, rimarranno poi uniti fino alla scomparsa del poeta, amicizia che Nadar descrive in un’opera postuma pubblicata nel 1911 e intitolata “Charles Baudelaire intimo: il poeta vergine”. Baudelaire posava d’altronde, per l’ultima volta, nel 1862, davanti l’obiettivo di Nadar mentre Manet traduceva una delle copie allora ottenute in una famosa incisione il cui multiplo è oggi molto ricercato dai collezionisti.

Ma nello studio di Nadar passarono tutti, avidi di un’immagine, soprattutto pittori, tra i quali Manet, Dorè, Delacroix, Millet, Corot, Courbet, Daubigny, Daumier. Ma anche Alexandre Dumas, George Sand, Jules Verne, Gioacchino Rossini, Franz Liszt.

Dei ritratti selezionati per questa edizione quello che più colpisce è la serie dedicata al fisico Micher-Eugéne Chevreul in occasione del suo centesimo compleanno. Nel 1886 Nadar lo intervista scattandogli ventisette fotografie, ognuna accompagnata dalla didascalia delle risposte dello scienziato, una foto-intervista molto originale, un’idea per i media contemporanei che trascurano una efficace combinazione: le espressioni dell’intervistato rafforzano (o tradiscono) le sue parole, sembra di vederlo parlare, e nel ricordo postumo chi legge si figurerà di averlo avuto davvero di fronte a sé.

Félix Nadar
Ritratti
Traduzione di Stefano Santuari
Con uno scritto di Lamberto Vitali
Abscondita
Euro 11,00; Pagg. 79

30 Agosto 2011


Torna alla lista