Contro i papà di Antonio Polito

“Contro i papà” di Antonio Polito (Rizzoli) è principalmente un libro scritto in modo chiaro, rappresentante del migliore new journalism contemporaneo. Affronta un tema fondamentale e difficile, lo fa da diverse angolazioni senza la pretesa di esaurirle ma dando alla fine un quadro completo: perché il padre riguarda e tocca tutti, attraversa filosofia, psicologia, sociologia, diventa la figura chiave attraverso la quale capire il nostro tempo. Secondo Polito il  padre contemporaneo ha un ruolo nuovo, anzi ha abdicato al suo ruolo: assistiamo alla sua “evaporazione” come direbbe lo psicanalista lacaniano Massimo Recalcati (di cui proprio in questi giorni è uscito “Il complesso di Telemaco: genitori e figli dopo il tramonto del padre”, seguito di “Cosa resta del padre”, entrambi titoli molto emblematici)…
Nel libro di Polito ritorna spesso il tema dell’università, quasi il filo rosso tra i vari capitoli. La sua tesi è tanto impietosa quanto lucida e vera: in Italia si investe sulla casa, una rendita futura per i propri figli, tanto che basterebbe misurare  l’indice di “eredità attesa” per capire che è direttamente proporzionale alla pigrizia e all’immobilità sociale. All’estero, un tempo principalmente nei paesi anglosassoni e scandinavi ma oggi un po’ ovunque, si preferisce investire sulla formazione. Dunque gli altri Paesi hanno università selettive, privilegiano la meritocrazia, incentivano i migliori, hanno una maggiore mobilità sociale. Tra l’altro quando Polito interviene a proposito del valore legale della laurea mi ha ricordato un articolo di Luigi Einaudi: “Vanità del titolo di studio”, pubblicato nel 1947 sembra scritto oggi a riprova che a distanza di 66 anni da noi niente è cambiato.

Sul lavoro incontro persone da varie nazioni: dal manager indiano che mi racconta di suo figlio che ha trascorso un anno, studiando ogni giorno senza interruzione almeno 15 ore al giorno, solo per prepararsi all’esame di ammissione in una prestigiosa università. Oppure dell’americano medio di 45 anni che mi dice “sto ancora pagando il mio prestito d’onore per gli studi universitari”. O dello svedese che manda il figlio che ha appena terminato il Liceo qualche mese in Italia, a lavorare, mentre contemporaneamente si sta preparando anche all’esame di ammissione all’università migliore di Stoccolma.

Polito titola “Contro i papà” e leggendo questo libro mi sono battuto il petto più volte, anche se pure i giovani hanno una responsabilità in questa degenerazione collettiva e sociale. E infatti a fare da pendant a questo libro secondo me c’è “Figli miei precari immaginari” di Giuliano Cazzola (Guerini e Associati), di prossima recensione.

5 Aprile 2013


Torna alla lista