Alla fiera di Düsseldorf la Germania è sempre la regina
I cantieri della TAV Lione-Torino sono diventati un campo di battaglia. Eppure la mobilità potrebbe essere la cifra dei prossimi anni: si costruiranno e si privilegeranno luoghi facili da raggiungere, con collegamenti rapidi e frequenti. I centri di aggregazione più dinamici saranno come un hub aeroportuale: si arriva e si parte da e per ogni dove.
A Düsseldorf la fiera, l’aeroporto e il centro città sono all’interno di un cerchio di pochi km. Anziché protestare, chi aveva la casa vicino all’aeroporto ha fatto una fortuna trasformandola in bed&breakfast. Grazie ad un’organizzazione rigorosa e investimenti continui, il calendario comprende 50 fiere all’anno di cui 23 di importanza mondiale: il riferimento periodico di interi settori.
A fine giugno la fiera della fonderia GIFA, che si tiene ogni 4 anni, ha raccolto 1958 espositori su 77.000 metri quadrati e 80.000 visitatori da 83 nazioni.
Il modello di business è stato anche esportato, e oggi l’ente fiera Messe Düsseldorf organizza eventi analoghi in Russia, Ucraina, Europa dell’Est e India.
Una fiera internazionale è una piazza dove incontrare visitatori da tutto il mondo e in pochi giorni raccogliere notizie, trend, umori, battute e dati interessanti.
Pochi visitatori dall’estremo oriente ma alcuni costruttori cinesi di macchinari, più che nelle altre edizioni, segno di una accresciuta forza, sicuramente di una maggior spregiudicatezza, del made in China nella meccanica. L’America snobba ancora l’Europa e non visita una fiera che li aggiornerebbe riguardo le ultime tecnologie. Per le loro industrie certi investimenti non sembrano necessari. Un fornitore di automazione si lamenta di non aver ricevuto un ordine da GM solo perché di 50 mila dollari più caro del concorrente (su un totale di 1,6 milioni), seppur fosse stato raccomandato come prima scelta dai tecnici. “No wonder GM went bust”, nessuna meraviglia che GM sia fallita, conclude. In 30 anni l’Inghilterra è andata dal 45% al 9% di manifatturiero e oggi l’economista Evan Davis tiene un programma consolatorio sulla BBC per spiegare quante attività made in Great Britain rendano, nonostante tutto, il paese ancora “smart”.
L’Australia è lontanissima: ha un dollaro più forte di quello americano, esporta quel poco che produce solo in Cina. Fa molta ricerca ma non ha un’industria che la possa tradurre in pratica. La Germania è la regina incontrastata e si gode tanti primati: raccoglie i frutti delle riforme degli anni 90 e per alcuni settori oggi è in un boom che ricorda la ricostruzione del dopoguerra.
L’Italia ne beneficia grazie al legame privilegiato che ha con questo paese, prima destinazione del nostro export. Ma viviamo di luce riflessa, da soli quanto valiamo?